Olanda, Belgio, Spagna e Austria: nei piani di CIR food non c’è solo la commerciale ma l’espansione all’estero. Lo ha detto Chiara Nasi, dal 2013 presidente dell’azienda emiliana, che, da qui al 2020, per crescere sui mercati europei e diversificare il business, stanzierà ben 75 milioni di euro, cifra cui si sommano altri 15 milioni che, in ciascuno dei prossimi 5 anni, la coop destinerà a impiantistica e hi-tech, come attesta il piano di investimenti 2016 annunciato poche settimane fa: 25 milioni di euro per rinnovare le strutture produttive e aprire nuovi locali lungo la Penisola, dove la società emiliana già gestisce 1.200 fra centri pasti, cucine e ristoranti, con 553 milioni di fatturato e 86 milioni di pasti preventivati per quest’anno (in crescita del 3,2% sul 2015) grazie alla collaborazione di 12.000 addetti.
Nell’ambito del programma di sviluppo che mira a raggiungere 800 milioni di euro di fatturato nei prossimi 5 anni, ecco che il management sta valutando la possibilità di effettuare alcune operazioni nei quattro summenzionati paesi dell’Ue: acquisizioni anche in partnership, con CIR food in maggioranza. L’obiettivo è duplice: diversificare oltreconfine e crescere da un lato, esportare la nostra cultura culinaria e nutrizionale dall’altro, sulla scia dell’appeal esercitato a tavola dal made in Italy.
Conseguenza: su 250 milioni di ricavi aggiuntivi messi nero su bianco nel piano strategico interamente autofinanziato, nel prossimo quinquennio circa 70 dovrebbero arrivare proprio dai mercati esteri e altri 20 dalla diversificazione. Di qui anche l’estensione del soft facility management per i grandi clienti, vale a dire dei servizi educativi e assistenziali per bambini e anziani, alberghieri e di receptionist, di manutenzione delle aree verdi e di gestione dei magazzini e delle pulizie.
Certo, il core strategico rimane la ristorazione, ma occorre fare i conti con la realtà: nella collettiva appaltata (tre quarti del business di CIR food che controlla l’8% del mercato italiano), dove i margini sono risicati e i ricavi medi in progressivo calo, si può solo consolidare. Ecco perché si mira al raddoppio nella commerciale (valeva 65 milioni nel 2015) sfruttando i modelli ristorativi sperimentati con successo durante Expo.