Oltre 150mila visitatori, operatori professionali da 140 paesi e 2.600 giornalisti da 46 nazioni. Sono in estrema sintesi i numeri dell’ultima edizione di Vinitaly.
In particolare, quest’anno è cresciuta la partecipazione di Far East, con Thailandia, Vietnam, Singapore e Malesia in testa. Bene anche la presenza di Messico e Africa, con new entry interessanti come Camerun e Mozambico e la ripresa di Egitto, Tunisia e Marocco, sia per il vino che per l’olio extravergine di oliva di Sol&Agrifood.
A fare la parte del leone peraltro sono stati i grandi mercati di Usa e Canada, che da soli rappresentano il 20% degli oltre 55mila visitatori esteri. L’area di lingua tedesca, Germania, Svizzera e Austria, si conferma invece la più importante, con il 25% delle presenze, mentre il Regno Unito è al terzo posto con il 10%. Nella classifica arrivano quindi i buyer dei Paesi Scandinavi e quelli del Benelux.
Dietro al successo della manifestazione c’è un mercato in salute, che conquista sempre più l’estero: il vino italiano mantiene stabile il fatturato in patria e cresce del 4,1% fuori dai confini con punte del 6,2% per lo spumante, che segna un primato anche per gli investimenti tecnici (+58% rispetto al 2013).
A dare soddisfazione è soprattutto il mercato asiatico, con un aumento delle vendite nel 2013 del 16,9%, seguito dal Nord America (+6,1%) e dai Paesi Ue, che si confermano con l’1,7% in più la prima piazza estera. Sullo sfondo, l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo è aumentato del 336,5% dal 2001 (contro il +87% delle Borse mondiali). E le attese per il 2015 sono prudenti ma fanno sperare in un’ulteriore crescita delle vendite di almeno il 5%. Insomma: il vino oltre che buono, è un ottimo investimento.