Cibo di buona qualità e pulizia adeguata, anche se poi gli ambienti sono a volte rumorosi e quasi una scuola su quattro è del tutto priva di un locale mensa mentre le rette si differenziano notevolmente da Nord a Sud del Paese. In estrema sintesi è questo lo stato dell’arte della refezione nelle scuole italiane come emerso da due ricerche condotte da Cittadinanzattiva. Su cui spicca un risultato che suona come promozione piena per il servizio reso in migliaia di istituti di ogni ordine e grado da decine di aziende di ristorazione collettiva: due bimbi su tre amano mangiare a scuola (ma solo uno su dieci finisce tutto quello che ha nel piatto).
I dati analizzati dal primo studio provengono da 79 scuole di 13 regioni, dove, attraverso 221 indicatori, sono state raccolte informazioni osservabili e percepite attinenti a qualità, sicurezza, igiene, trasparenza, costi, sprechi, rifiuti e partecipazione del servizio di ristorazione scolastica. Quasi 700 le interviste che hanno coinvolto 482 bambini, 95 insegnanti, 89 genitori, 30 rappresentanti delle commissioni mensa.
Il quadro emerso è più che lusinghiero, soprattutto per la qualità del cibo, laddove più carente è l’aspetto strutturale, che dipende tuttavia dai committenti: se infatti la metà delle mense risulta adeguata, bene arredata e accogliente, una su tre non ha impianti anti incendio ed elettrici idonei, una su cinque non è abbastanza spaziosa, una su dieci è in condizioni precarie e quasi una scuola su quattro è del tutto priva di un locale mensa.
Sulle tariffe praticate in tutti i capoluoghi di provincia si è poi concentrato un secondo studio di Cittadinanzattiva, condotto fra settembre ed i primi di ottobre. Ebbene, per scuola dell’infanzia e scuola primaria si evidenziano differenze sensibili di costo del pasto tra Nord e Sud del Paese: la media annua è di 700 euro a famiglia (meno di 80 al mese), con l’Emilia Romagna ad avere le rette più alte (circa 1000 euro all’anno) e la Calabria le più basse (a fronte di una minor penetrazione dei grandi caterer nazionali e di un cahiers de doléances sulla qualità oggettiva e percepita ben più pesante che nelle regioni settentrionali).
I cibi più amati dai giovani sono, per quasi otto bambini su dieci, il gelato e la pizza, che si piazzano prima di pane e carne (apprezzati rispettivamente dal 66% e 65%), frutta fresca (57%) e pasta in bianco (53%); i piatti meno apprezzati sono le verdure (specie cotte e a ministra, bocciate da oltre il 60% dei bimbi), e il pesce (sgradito al 47%). In oltre due casi su tre, per gli insegnanti i menu sono qualitativamente buoni o sufficienti, ma uno su cinque ritiene che le porzioni siano da rivedere.
Per quanto attiene invece agli avanzi, secondo una indagine condotta da Oricon, tra ottobre e novembre 2015, il 12,6% del pasto cucinato per ciascun alunno rimane ogni giorno nel piatto. Da un punto di vista economico, l’Osservatorio sulla Ristorazione Collettiva e Nutrizione quantifica lo spreco in 0,18 centesimi per pasto.