Alimentare traino dell’economia italiana. Lo dicono i numeri. Con una progressione del 3,6% ha doppiato il tasso di crescita generale del Pil italiano nel 2017, pari all’1,5%.
In uno scenario caratterizzato da significative differenze, sono i segmenti del caffè, del food equipment (macchine ed attrezzature per la produzione alimentare), dei distillati e del vino a registrare gli exploit più importanti.
È lo scenario emerso nell’Osservatorio sulle prestazioni delle aziende italiane del settore agroalimentare, elaborato dall’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il sostegno di Gruppo Banca del Ceresio.
Presentato presso la sede dell’ateneo, la quarta edizione del Food Industry Monitor riporta i risultati economici e competitivi di 815 aziende che operano in Italia, per un fatturato aggregato di circa 61 miliardi di euro: si tratta del 71% delle società di capitali attive nel settore del food italiano.
Lo studio ha preso in considerazione un periodo di 8 anni (2009-2016) analizzando l’evoluzione delle performance di 15 comparti e dell’intero mercato food in relazione all’evoluzione dei principali ambiti dell’economia italiana, sotto quattro punti di vista: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria.
Ebbene, l’industria italiana del food rivela grande capacità di creare valore aggiunto con la forza del brand, l’innovazione, le scelte in materia di distribuzione e la promozione, proprio come avviene nel lusso, altra eccellenza del made in Italy. In particolare, il confronto intersettoriale conferma le ottime performance dell’agroalimentare. Il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2016 è infatti superiore a quello di diversi altri comparti dell’economia nazionale come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES). E non è tutto: i modelli confermano anche per il 2018-2019 una crescita in linea con quanto registrato finora e un trend estremamente positivo per l’export.
Insomma, la nostra industria agroalimentare possiede un know-how di prodotto e di processo unici, che permettono di aggiungere valore alle materie prime di qualità. La redditività commerciale, come sottolinea lo studio, ha subito una lieve contrazione nel 2017 (4,2%), tuttavia si rileva una buona tenuta della struttura finanziaria, sostanzialmente invariata dal 2016 al 2017. In questo senso la finanza può e deve essere al servizio dello sviluppo e dell’internazionalizzazione delle imprese italiane: uno strumento chiave e potenzialmente vincente.